Lifestyle

Blog o diario 2.0?

Quando avevo la metà dei anni attuali, Internet sembrava essere una novità incredibile. E così anche i blog di Splinder, piattaforma nata e poi deceduta nel giro di un decennio (d’altronde le cose non durano molto nel nostro secolo). Avevo scoperto che scrivere con la tastiera era sicuramente più veloce che usare carta e penna. Ed anche più divertente, perché potevo raccontare tutto di me senza che nessuno sapesse chi fossi veramente. Pubblicavo ogni giorno. Ed avevo anche una discreta platea di lettori. Ero una blogger a tutti gli effetti, nonostante non scrivessi nulla di particolarmente sensato. Però, tornata da scuola, mi piaceva sedermi alla mia scrivania, aspettare che il router emettesse quella strana sequenza di suoni che assicurava la connessione alla rete e poi digitare parole a caso per creare il post del giorno.

Poi nel 2012 Splinder ha chiuso, sconfitto dall’avanzata di WordPress, che – ironia della sorte – ora ospita il blog che cerco disperatamente di rimettere in piedi ogni anno. La piattaforma si è portata con sé nell’oblio anche tutti i miei primi contenuti per il web. E così, persa una “casa”, ho cominciato a cercarne un’altra. Poi un’altra ancora. E via dicendo. Passando anni interi ad essere ospitata su blog e portali che pubblicassero i miei articoli, assicurandomi lettori settimana dopo settimana. Ho scritto per tutti. Tranne che per me. E questo perché ho lasciato che il web cambiasse la mia idea di blog.

Typewriter and cofee

Quindici anni fa, erano pochissime (o quasi inesistenti) le persone che potevano dirsi di guadagnare scrivendo contenuti per la rete. La blogger non era un lavoro. Tanto meno un modello da imitare. Né niente di tutto quello che è ora, semplicemente perché non esisteva. Il web non influenzava nessuno ed, anzi, era un luogo in cui ci si poteva sentire liberi di scrivere tutto quello che si voleva. Senza limitazione alcuna. Perché l’immagine non contava, contavano le parole.
E allora si apriva un blog per risparmiare sull’inchiostro e raccontare a perfetti sconosciuti – ammesso che ci fossero dei lettori – quello che succedeva nella vita di tutti i giorni o quali erano le proprie passioni. Il blog, per capirci, era il nostro diario 2.0. Uno spazio intimo , di cui prendersi cura senza badare alle visite giornaliere o alle collaborazioni da stringere. Un semplice diario. Digitale però. Non di quelli che, da bambine, chiudevamo con un lucchetto fittizio e nascondevamo sotto il letto.

Il blog era il posto in cui potevamo essere noi stesse. Senza il bisogno di costruire una bella immagine che piaccia anche agli altri. Senza vergognarci delle nostre debolezze. Perché in fondo tutte amiamo guardare film romantici con indosso il pigiama di pile in inverno. O indossare il nostro vestito preferito per un appuntamento importante. Tutte ci deprimiamo quando ci accorgiamo che abbiamo messo sù qualche chilo di troppo. O quando la mattina ci guardiamo allo specchio e i segni della stanchezza sono lì a palesarsi. Solo che ora non lo raccontiamo più.

Per cui, mi chiedo, ora che ho di nuovo uno spazio tutto mio cosa devo scrivere: un blog o un diario 2.0?