Lifestyle

Blog o diario 2.0?

Quando avevo la metà dei anni attuali, Internet sembrava essere una novità incredibile. E così anche i blog di Splinder, piattaforma nata e poi deceduta nel giro di un decennio (d’altronde le cose non durano molto nel nostro secolo). Avevo scoperto che scrivere con la tastiera era sicuramente più veloce che usare carta e penna. Ed anche più divertente, perché potevo raccontare tutto di me senza che nessuno sapesse chi fossi veramente. Pubblicavo ogni giorno. Ed avevo anche una discreta platea di lettori. Ero una blogger a tutti gli effetti, nonostante non scrivessi nulla di particolarmente sensato. Però, tornata da scuola, mi piaceva sedermi alla mia scrivania, aspettare che il router emettesse quella strana sequenza di suoni che assicurava la connessione alla rete e poi digitare parole a caso per creare il post del giorno.

Poi nel 2012 Splinder ha chiuso, sconfitto dall’avanzata di WordPress, che – ironia della sorte – ora ospita il blog che cerco disperatamente di rimettere in piedi ogni anno. La piattaforma si è portata con sé nell’oblio anche tutti i miei primi contenuti per il web. E così, persa una “casa”, ho cominciato a cercarne un’altra. Poi un’altra ancora. E via dicendo. Passando anni interi ad essere ospitata su blog e portali che pubblicassero i miei articoli, assicurandomi lettori settimana dopo settimana. Ho scritto per tutti. Tranne che per me. E questo perché ho lasciato che il web cambiasse la mia idea di blog.

Typewriter and cofee

Quindici anni fa, erano pochissime (o quasi inesistenti) le persone che potevano dirsi di guadagnare scrivendo contenuti per la rete. La blogger non era un lavoro. Tanto meno un modello da imitare. Né niente di tutto quello che è ora, semplicemente perché non esisteva. Il web non influenzava nessuno ed, anzi, era un luogo in cui ci si poteva sentire liberi di scrivere tutto quello che si voleva. Senza limitazione alcuna. Perché l’immagine non contava, contavano le parole.
E allora si apriva un blog per risparmiare sull’inchiostro e raccontare a perfetti sconosciuti – ammesso che ci fossero dei lettori – quello che succedeva nella vita di tutti i giorni o quali erano le proprie passioni. Il blog, per capirci, era il nostro diario 2.0. Uno spazio intimo , di cui prendersi cura senza badare alle visite giornaliere o alle collaborazioni da stringere. Un semplice diario. Digitale però. Non di quelli che, da bambine, chiudevamo con un lucchetto fittizio e nascondevamo sotto il letto.

Il blog era il posto in cui potevamo essere noi stesse. Senza il bisogno di costruire una bella immagine che piaccia anche agli altri. Senza vergognarci delle nostre debolezze. Perché in fondo tutte amiamo guardare film romantici con indosso il pigiama di pile in inverno. O indossare il nostro vestito preferito per un appuntamento importante. Tutte ci deprimiamo quando ci accorgiamo che abbiamo messo sù qualche chilo di troppo. O quando la mattina ci guardiamo allo specchio e i segni della stanchezza sono lì a palesarsi. Solo che ora non lo raccontiamo più.

Per cui, mi chiedo, ora che ho di nuovo uno spazio tutto mio cosa devo scrivere: un blog o un diario 2.0?

Fashion, Senza categoria

AltaRoma, gli influencer e la Moda

E così chiude anche questa edizione invernale di AltaRoma, tra animalisti che protestano contro l’uso spropositato delle pellicce da parte delle fashioniste – eppure sono tutte ecologiche, e si vede! -, lamentele per la scelta di una location troppo “disagiata”, da una parte, ed entusiasmi per lo stile underground/mitteleuropeo dell’Ex Dogana, dall’altra. Una bella confusione generale, insomma. Come è tipico della Capitale. Eppure anche quest’anno abbiamo avuto la fortuna di apprezzare i giovani talenti creativi vincitori del concorso “Who Is On Next?”, l’incredibile sorpresa della sfilata targata Accademia Costume & Moda, gli splendidi abiti firmati Rani Zakhem e la nuova esilarante collezione di Luigi Borbone, che manda in passerella le modelle con indosso sandali senza tacco impreziositi da brillanti – un toccasana per le amanti delle “pianelle”.

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Bene, tutto come al solito quindi. Ma allora perché la nostra settimana della Moda fatica a decollare? Per quale motivo Roma sembra essere lontana anni luce anche solo dal concetto di “Fashion Capital”? E soprattutto, perché i Milanesi snobbano così tanto la nostra kermesse? Ci ho pensato a lungo. E sono arrivata alla conclusione che Roma funzioni, in tutto e per tutto, come una sorta di macrouniverso. Chiuso in se stesso, e magari anche ben funzionante al suo interno, ma senza la benché minima preoccupazione di quello che effettivamente succede al di fuori. E così vale per i Romani, che vivono in microuniversi tutti diversi tra loro, che hanno però tutti la stessa prerogativa di guardare a se stessi. Immagino funzioni così la nostra “settimana” della Moda, che vede pochissimi ospiti internazionali seduti nelle prime file delle sfilate, a differenza di quanto succede a Milano o in qualunque altra città. Eppure pullula di Romani che accorrono a vedere i lavori di altri Romani, o di stilisti di fama che sono ancora affettuosamente legati alla Capitale.

IMG-20160201-WA0053 (1)Non credo che il problema possa essere nel calendario di AltaRoma – che certo non gode di Maison di calibro mondiale, ma che tutto sommato si divide tra giovani creativi e grandi classici della kermesse -, quanto piuttosto nel suo pubblico. Troppo tradizionale. Troppo Romano. Di poco respiro internazionale. Troppo microuniverso, insomma.
Un assioma questo. Perché se è vero che la fortuna delle cose oggigiorno è data dai Social, che permettono di vedere in tempo reale cosa sta succedendo dall’altra parte del pianeta, a chi spetta mostrare quello che succede sulle nostre passerelle? Chi sono i nostri influencer? E qual è il loro seguito? E soprattutto, viene lasciato loro lo spazio che meritano?

Per invertire la tendenza di una Capitale troppo legata al provincialismo, si potrebbe forzare la mano e rischiare di affidare la rinascita delle iniziative creative e culturali a chi veramente con il digitale ci sa fare. Chiamiamoli influencer o strilloni 2.0, ma riconosciamogli l’importanza che hanno praticamente ovunque. Sono giovani e amanti del design stravagante, figli acquisiti di un’era digitale che fa la fortuna di chi sa sfruttarne i vantaggi, avvezzi alla sintesi dei 140 caratteri dei cinguettii di Twitter e abili esperti dei filtri di Instagram e di VSCO (con annesso dosaggio della nitidezza). Hanno poco a che fare con il microuniverso romano che vive di passaparola, ma hanno il potere di rendere internazionale quello che vi succede. Cosa potrebbe accadere se gli dessimo un posto in seconda fila? E poi in prima?

Photo Credit: Davide Manzoni

 

 

Lifestyle

Io, le vacanze e gli Emirati

Il mese di Luglio volge al termine, l’afa estiva continua a dare il meglio di sè e Roma comincia a svuotarsi per via dell’esodo dei Romani che vanno alla ricerca di un po’ di refrigerio in qualunque altra parte della penisola o – perchè no?! – del mondo. Dato il clima torrido che ogni anno si ripropone in questi mesi, non mi stupisce affatto che le mete preferite dei viaggiatori siano diventate le fredde Capitali europee o le splendide baite di montagna nascoste nelle zone verdi del Nord Italia. Che ne è allora delle mete esotiche? Delle vacanze a Sharm che tanto hanno fatto moda negli anni passati? Delle splendide isole dal mare turchese che riempiono le riviste di viaggi? Semplice, tutto rimandato alle vacanze invernali ( idea che mi sta solleticando non poco in questi ultimi giorni ).

MSC Crociere

Probabilmente non c’è scelta migliore se non quella di scoprire meravigliose località esotiche proprio mentre la città in cui viviamo viene attanagliata dal freddo, dal vento e dalla pioggia. Volete mettere il gusto di suscitare l’invidia di amici e colleghi godendosi un meraviglioso cocktail su una spiaggia bianca mentre loro sono bloccati davanti alla postazione di lavoro? Cattiveria a parte, tra le infinite offerte interessanti per il prossimo inverno, quella che veramente ha attirato la mia attenzione è senza dubbio quella della MSC Crociere. Vero è proprio colosso nell’organizzazione delle crociere nel Mediterraneo, la società è attiva in ben 45 Paesi del mondo e gode di uno staff di oltre 15.500 dipendenti, proponendo viaggi da sogno per tutti i periodi dell’anno : dalle Canarie ai Caraibi, dall’Oceano Indiano al Marocco, senza tralasciare le splendide mete del Nord Europa. La celebre compagnia offre interessanti offerte per una splendida vacanza dal sapore esotico, alla scoperta di Abu DhabiDubai ed Oman.

Siamo nello sfarzoso regno di sceicchi, sultani e faraoni, dove le meraviglie naturali e il lusso moderno la fanno da padroni. Le proposte per il viaggio sono tante e tutte diverse tra loro : dal safari nel deserto di Abu Dhabi ( in perfetto stile Beduini ) alle splendide fortezze di Muscat, dalle spiagge bianche e le acque cristalline ai meravigliosi scorci futuristici di Dubai.

MSC Crociere

Per il prossimo inverno la MSC Crociere propone una fantastica offerta : un incredibile pacchetto all-inclusive con tanto di bevande incluse e possibilità di scegliere un volo tra due delle più importanti compagnie aeree della zona, Etihad ed Emirates. Avrete così la possibilità di raggiungere comodamente i due diversi porti di imbarco, Dubai o Abu Dhabi, per poi muovervi all’avventurosa scoperta degli Emirati.

In effetti non sono ancora partite per le mie vacanze estive, già programmate in giro per l’Italia, ma l’idea di un bel viaggio invernale già mi sembra molto allettante. Che ne pensate?

Buzzoole

Fashion, Lifestyle

Tiffany contro l’omofobia

Scritto per FashionBullies da Davide Manzoni

Tiffany, il marchio di gioielleria celebre in tutto il mondo, si pone in prima fila nella lotto contro l’omofobia. Da pochi mesi a questa parte la compagnia ha infatti coraggiosamente deciso di lanciare una nuova campagna pubblicitaria per la promozione dei propri anelli di fidanzamento, in cui compare una coppia “insolita” : i due protagonisti sono infatti dello stesso sesso, e per di più non si tratta di due semplici attori quanto piuttosto di una coppia vera e propria, in procinto di sposarsi.

Tiffany

É questo lo spot tanto inaspettato quanto innovativo che incornicia la nuova linea maschile  di anelli di fidanzamento, altrettanto originali anche se dal taglio sobrio e lo sfarzo contenuto. É rincuorante  il fatto che sia proprio uno dei  marchi più duraturi e storici a celebrare un’ idea invece così moderna di matrimonio.

Al giorno d’oggi la strada verso il matrimonio non è più lineare, si può incontrare l’amore vero più volte con storie d’amore che si manifestano in una varietà di forme diverse.” spiega infatti la vicepresidente di Tiffany USA Linda Buckley.

Tiffany
Uno spot dall’ indubbia freschezza nel panorama del marketing attuale che ci dimostra con fermezza come la moda e lotta civile possano confluire. Tiffany svela con chiarezza come le arti e l’etica abbiano in realtà un genuino rapporto di amichevole complicità e non siano due mondi nettamente separati.

Lifestyle

Tutto può cambiare

Tutto può cambiare” è un film meraviglioso.

Soprattutto se lo si vede da soli, in un periodo in cui tutto sembra prendere una pessima piega ed essere sul punto di andare in frantumi. Che poi è la situazione vissuta da ognuno dei protagonisti di questa sceneggiatura riuscitissima, che a suo modo riesce a regalare speranza, sorrisi e qualche lacrima di commozione. Ma indipendentemente dalla mia condizione, credo sia un film bellissimo anche se lo si vede in compagnia, trangugiando pop corn e muovendosi sulla sedia del cinema a ritmo delle canzoni che ne scandiscono praticamente l’intera durata.

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Lungi da me voler fare una critica cinematografica – di cui tra l’altro capisco pochissimo -, colgo l’occasione per ridare vita ad un blog che sia tutto mio ( o quasi ) e lo faccio usando quella che è stata a suo modo una fonte di ispirazione, di quelle che non ti fanno addormentare perchè ti mettono in moto il cervello, poi ti fanno dormire male ed alla fine ti fanno svegliare con un’idea fissa che devi assolutamente realizzare. ( Praticamente la storia delle mie ultime quindici ore ).

Ricominciamo : “Tutto può cambiare” – anche se, a mio parere, il titolo originale “Begin Again” si adatta meglio alla storia – è un film meraviglioso. E non lo è perchè si tratta dell’esordio di Adam Levine sul grande schermo o perchè si scopre con stupore che Keira Knightley è una cantante favolosa. Tanto meno per la morale secondo cui la musica salverà il mondo, perchè sostanzialmente non lo farà ma si limiterà a lenire alcune delle ferite personali di ognuno di noi.

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Quello che veramente mi è piaciuto è che “Tutto può cambiare” è un film sulle cose perse e ritrovate, sui rapporti allentati e poi recuperati, sui dettagli della vita cui non diamo peso e che poi immediatamente ci illuminano. Non si tratta di una commedia romantica a lieto fine, quanto piuttosto della dimostrazione di come un qualunque rapporto interpersonale vada a buon fine se vissuto con sincerità e purezza.

In realtà in questa sceneggiatura c’è tutto : un matrimonio ed una convivenza rovinati da un tradimento, un’amicizia che risana qualunque cosa ( accompagnata da qualche bottiglia di whisky ), le paranoie di una quattordicenne con i genitori separati, le luci di una New York meravigliosa, un futuro che sembra andare in frantumi e che poi sorprende con un risvolto positivo, un ex fidanzato che torna indietro senza apparente speranza. E su tutto questo, la musica. Che accompagna i protagonisti tra improbabili registrazioni in strada e strani percorsi introspettivi che non sono altro che percorsi a piedi, in macchina o in bicicletta in giro per la città.

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E proprio lì, sullo sfondo di una New York illuminata da migliaia di luci e dopo una lunga passeggiata a due che ha come colonna sonora la libreria musicale dei protagonisti – perchè una playlist racconta molte cose su ognuno di noi -, Mark Buffalo si lascia scappare la frase emblema del film, che lo riassume da sè, senza bisogno di aggiunta alcuna :

“That’s what I love about music. One of the most banal scenes is suddenly invested with so much meaning, you know? All these banalities, they’re suddenly turned into these…these beautiful, effervescent pearls. From music. I’ve got to say, as I’ve gotten older, these pearls are just becoming increasingly more and more rare to me.”

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Fashion

AltaRoma : Gattinoni e “La Nuvola” di Fuksas

“Vanno, vengono…ogni tanto si fermano, e quando si fermano sono nere come il corvo, sembra che ti guardano con malocchio…”

Gattinoni

Si apre così, con i versi di una delle più belle poesie di Fabrizio De Andrè, la sfilata con cui la maison Gattinoni omaggia per l’ultima volta le passerelle di AltaRoma. In una location d’eccezione ( accessibile al pubblico per la prima volta ), la celebre “Nuvola” degli architetti Massimiliano e Doriana Fuksas, sfila la collezione P/E 2014 disegnata da Guillermo Mariotto, direttore creativo della quanto mai celebre casa di moda. Un’ambientazione insolita, un cantiere a cielo aperto con lavori ancora in corso, dove tra enormi pilastri in acciaio e gigantesche vetrate sfila la donna Gattinoni, elegante, eterea, impalpabile.

Gattinoni

È una domenica mattina dal cielo grigio, con un sole flebile, che a malapena riesce a penetrare nell’ultimo piano dell’edificio. La sensazione è quella di essere sospesi nel vuoto, tra le nuvole romane sopra e gli infiniti metri quadri di acciaio sotto. E non è un caso. Per questa sfilata tutto è stato pensato: la musica di De Andrè, la scelta di un edificio che pare fluttuare nell’aria, il senso di vuoto che ispira. E perfino le creazioni della nuova collezione della maison Gattinoni. Tutto grida leggerezza. Ed è metafora di una condizione esistenziale, di quella incertezza che caratterizza la vita di tutti gli esseri umani del nostro tempo.

La donna di Mariotto è leggiadra, racchiusa in eleganti abiti impreziositi da tulle ed organze. Leggins trasparenti, carichi di ricami e cristalli, si accompagnano a chemisier coprenti. Un perfetto equilibrio di pieno e vuoto che caratterizza l’intera collezione. Dominano la passerella il bianco ed il blu chesterfield, senza rinunciare però alla compagnia dei colori pastello che ci aspettano nella prossima primavera: il rosa pallido, il verde pistacchio ed il giallo appena accennato.

Gattinoni

È una donna pura quella di Gattinoni, quasi virginale, che con passo sicuro avanza tra le piume e le trasparenze dei suoi abiti bianchi. Una simil-sposa impreziosita da pizzi, ricami e gioielli importanti. Non sono da meno i copricapi, che assumono forme geometriche che inquadrano il viso e si declinano in imponenti visiere che ricordano battagliere schermitrici.

Gattinoni

“Vanno, vengono…per una vera mille sono finte e si mettono là, tra noi e il cielo, per lasciarci soltanto una voglia di pioggia.”

 

Fashion

AltaRoma : “La Cura” di Ludovica Amati

Ludovica Amati, la giovane promessa romana, ha chiuso la prima giornata di “AltaRoma” con “La Cura“, una performance di moda che ha letteralmente invaso lo Stadio di Domiziano. A pochi passi da Piazza Navona, tra ruderi vecchi più di mille anni, la Amati ha presentato la sua nuova collezione, ricreando un’ambientazione tutta densa di misticismo.

La Cura

Spesso accade di pensare alla Moda come qualcosa di meramente superficiale, una lunga lista di “cose” da indossare soltanto per abbellirsi e dare nell’occhio. Raramente si pensa invece all’ispirazione che si nasconde dietro le creazioni degli stilisti, attraverso cui questi raccontano spesso una storia che gli è cara o “realizzano” un’immagine della donna cui aspirano nei loro sogni. Ma a renderci consapevoli di questo, Ludovica Amati la stilista della Spiritualità– è stata bravissima.

La Cura” non è una sfilata. E’ un viaggio. In cui si viene accompagnate per mano attraverso le storie che hanno dato vita a creazioni bellissime, indossate da modelle che non sfilano su una vera passerella, ma si aggirano lentamente nell’antico stadio romano per poi rimanere pressoché immobili in alcuni dei suoi angoli più belli.

La Cura

Ad accoglierci un fortissimo odore di incenso ed un trio di musicisti che suona musica dal vivo, elementi perfetti per ricreare un rituale dal chiaro sapore orientale. Sulle note di una nenia ripetitiva sembra di essere “risucchiati” in un’altra dimensione, lontana dai turisti che calpestano le strade proprio sopra la nostra testa, e tutta fatta di luci soffuse, cristalli e rose sparsi sul pavimento, incensieri e quadri di divinità appesi alle pareti.

Ed è qui che Ludovica Amati presenta la sua donna, elegantissima, raffinata e composta. Gli abiti, nelle due tonalità del bianco o del nero, avvolgono i corpi delle modelle tra leggere trasparenze, inserti di tulle, sete ed organze. I tessuti sono leggeri e seguono perfettamente le sinuosità del corpo femminile, senza mai scoprirlo troppo o appesantirlo. Non mancano, però, giacche pi� pesanti dal taglio chiaramente maschile, tanto meno copricapi neri a tesa larga, che chiaramente mostrano un richiamo alla cultura ebraica.

La Cura

E’ una donna posata, ma fortemente femminile quella della Amati. Un essere quasi etereo. Innocente. Raro. Ma dotato di quelle stesse forza interiore caratteristica delle grandi dee appartenenti alle culture mistiche tanto amate dalla stilista.
La donna di Ludovica Amati è la cura.
La cura rivolta ad un mondo troppo superficiale, che ci ha costretti a perdere di vista le nostre coscienze e ad abbandonare quella Spiritualità che da sempre ci ha distinti come Esseri Umani.

La Cura

Fashion, Lifestyle

Miley Cyrus, da pop star a testimonial per Marc Jacobs

Se vi chiedessi qual è secondo voi la pop star più acclamata, fotografata, criticata e – al tempo stesso – amata del momento, la risposta potrebbe essere una soltanto. Lei. Miley Cyrus. La giovane cantautrice statunitense ( classe 1992 ), infatti, negli ultimi mesi non ha fatto altro che stupire, nel bene e nel male, il pubblico di tutto il mondo. Spogliatasi definitivamente dei “panni” di Hannah Montana, la Cyrus è finita sulla bocca di tutti prima per la performance di twerking degli MTV Video Music Awards, poi per i videoclip osé ed infine per gli scatti fotografici scandalosi di Terry Richardson, per cui la giovane popstar ha posato totalmente svestita.

Miley

Il successo di Miley sembra inarrestabile e, già all’inizio del 2014, si torna a parlare di lei su magazine e blog di importanza mondiale. Questa volta non si tratta però di performance hot o di chissà quale altra trovata scandalosa, bensì di moda. Anzi, alta moda.
Dopo aver abbandonato Louis Vuitton e le sue Muse francesi dall’eleganza inaudita, Marc Jacobs ha infatti scelto come nuovo volto della sua casa di moda proprio l’irriverente Miley Cyrus.

Miley

L’inizio di una collaborazione tra i due risale allo scorso luglio, quando la giovane attrice statunitense posò nuda ( il che non sembra più una novità ) finalmente per una nobile causa, il progetto “Protect the skin you’re in” dello stilista americano, finalizzato a raccogliere fondi per sostenere i progetti di ricerca sulle malattie della pelle.

Sembrava che Marc Jacobs avesse perso la testa scegliendo proprio Miley Cyrus come testimonial ufficiale della sua collezione PE 2014, eppure quella che ci viene proposta è una versione del tutto nuova della popstar. Nonostante gli sia costata la rottura con il fotografo Juergen Teller, da anni a fianco dello stilista, gli scatti dell’ultima campagna immortalano una Miley elegantissima nelle creazioni di Jacobs, raffinata, pensierosa ed incredibilmente bella.

Miley

Il nuovo fotografo David Sims la ritrae in un clima piuttosto tetro per una collezione primaverile, sullo sfondo di una spiaggia di sabbia con un cielo che annuncia tempesta. E lei, affascinante ed austera, fissa lo sguardo nel vuoto, mostrando in primo piano l’ancora tatuata sul polso sinistro. È una Miley Cyrus mai vista finora. Spettinata, seria, con le labbra serrate ed un incarnato pallidissimo. Un ritratto bello all’inverosimile.

Di tutto questo, mi chiedo allora, vogliamo dare a Marc Jacobs un merito o una colpa?

 

Fashion

“The Blonde Salad”, la nuova collezione di scarpe firmata Chiara Ferragni

Oggi ho deciso di parlarvi – davanti ad una bella tazza d’orzo e ad un cielo grigio – di una delle fashion blogger italiane più famose a livello internazionale, la bella e bionda Chiara Ferragni. Che il destino della fondatrice di “The Blonde Salad” sia invidiato da quasi tutto il genere femminile è un dato di fatto: un guardaroba “da urlo”, viaggi in giro per il mondo, party esclusivi, scarpe e borse di tutti i tipi, amici (super)celebri ed un sogno più che realizzato suscitano senza dubbio invidia ed ammirazione. Ma nonostante sia criticata o ammirata, sotto o sopravvalutata, odiata o presa a modello, la Ferragni sembra decisa a procedere dritta per la sua strada ( #theblondsaladneverstop, fa notare infatti su tutti i suoi profili social ).

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Dopo aver ottenuto un successo strepitoso come fashion blogger, la bella ventiseienne spalanca ora le porte della carriera di creative designer. Lasciandosi alle spalle una linea tutta personale di scarpe – la “Chiara Ferragni“, per l’appunto – e una proficua collaborazione con Superga, la blogger ha lanciato proprio in questi giorni ( in occasione della New York Fashion Week ) la nuova capsule collection disegnata per Steve Madden, noto designer di scarpe americano.

Ferragni

La nuove collezione, chiaramente ispirata alla città di New York ( tra le mete preferite dei viaggi della Ferragni ), comprende ben nove modelli di scarpe, declinati in diverse texture: si va dalle sneakers slip-on agli stivaletti bassi, per poi arrivare a tronchetti e sandali dai tacchi vertiginosi. Tante le fantasie animalier su tutti i modelli, che siano indistintamente essi destinati ad un look casual od elegante: spopolano così il leopardato e il ghepardato su tutte le creazioni della nuova collezione “The Blonde Salad x Steve Madden”.

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Dalla mattina alla sera, le nuove scarpe disegnate dalla Ferragni sono l’accessorio adatto a regalare nella prossima stagione quel tocco sensuale e glamour in grado di arricchire un qualunque outfit, tra fibbie, tacchi trasparenti, stringhe quasi osè ed irresistibili open toe.

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White Women, Sleepless Night, Big Nudes: la personale di Helmut Newton a Roma

Grande amante delle donne e profondo conoscitore – in tutti i sensi – del loro corpo, Helmut Newton è stato senza dubbio uno dei più celebri fotografi di moda del XX secolo. A quasi dieci anni dalla sua scomparsa, il Palazzo delle Esposizioni di Roma celebra questo artista “rivoluzionario” ospitando, fino al prossimo 6 luglio, il progetto “White Women, Sleepless Night, Big Nudes”, voluto fortemente dalla moglie Jude Newton: in mostra 180 scatti fotografici accuratamente selezionati dai primi tre libri stampati dal fotografo – da cui il progetto riprende il titolo -, che fecero la fortuna dell’artista a cavallo tra gli anni ’70 e ’80.

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Foto di donne – nude o vestite – ritratte con maestria e attenzione superba, attraverso cui è possibile seguire la storia della fotografia di moda, che lo stesso Helmut Newton ha rivoluzionato con scatti sensuali e provocanti portando il nudo nel mondo del fashion. Nudi integrali, schiene scoperte e primi piani di seni prosperosi raccontano però anche una storia parallela, quella dell’emancipazione della donna, che con la rivoluzione sessuale ottiene la sua libertà e si spoglia ( completamente, in questo caso ) di tutti i veli proibitivi.

Newton

La personale di Newton ci racconta così non solo la storia di un fotografo di moda che con i suoi scatti ha conquistato i lettori di Vogue e di Vanity Fair, ma anche quella di un uomo amante dell’eros e della bellezza, in grado di cambiare il mondo solo con una macchina fotografica.

Newton